Buon
Giovedì, Lettori! Come state? Spero bene. Come forse avrete notato,
ieri non ho pubblicato il mio adorato WWW, ma ho una buona scusa.
Anzi due. La prima è che ho dovuto fare un esamino, nel pomeriggio,
e tra il ripasso disperato del mattino, l'esame in sé, e l'aperitivo
di festeggiamento/consolazione della sera, non ho avuto molto tempo
per aggiornare il blog. Ma c'è anche una seconda ragione per cui non
ho ritenuto il caso proporvi un nuovo WWW: quello di questa settimana
sarebbe stato identico all'ultimo. Ebbene si, in questi giorni, per
quanto abbia usato ogni momento libero per proseguire la lettura de
Il trono di ghiaccio non sono riuscita a finirlo
perché, in effetti, i momenti liberi sono stati brevi e rari. Ma a
partire da oggi, potrò prendermi una piccola pausa dalle lezioni,
quindi conto di terminarne la lettura in un paio di giorni.
E
detto questo, torniamo alla rubrica di oggi...
Dopo
un anno di schiavitù nelle miniere di Endovier, Celaena Sardothien
si era abituata a essere condotta ovunque in catene, con una spada
puntata addosso. Migliaia di schiavi ricevevano lo stesso
trattamento, ma quando andava e tornava dalle miniere Celaena era
sempre accompagnata da sei guardie in più rispetto agli altri.
Questo l’assassina più famigerata di Adarlan lo aveva messo in
conto. Ciò che invece non aveva previsto era l’uomo incappucciato
e vestito di nero, sempre al suo fianco, proprio come in quel
momento. L’uomo l’afferrò per un braccio e la portò nel palazzo
scintillante, dove alloggiavano quasi tutti gli ufficiali e i
sorveglianti di Endovier. Vagarono per corridoi e rampe di scale in
modo che Celaena perdesse l’orientamento e, dunque, ogni
possibilità di ritrovare la via d’uscita. Questa, almeno, era
l’intenzione della sua scorta, perché lei sapeva benissimo di
essere appena salita e scesa dalla stessa scala nel giro di pochi
minuti. Né le era sfuggito il contorto percorso da un piano
all’altro, in un edificio che era un ordinato reticolo di scale e
corridoi. Come se bastasse così poco a disorientarla! Se non avesse
visto tutto l’impegno che ci aveva messo quell’uomo, Celaena
avrebbe persino potuto offendersi. Imboccarono un corridoio
particolarmente lungo. Il silenzio era interrotto soltanto dal rumore
dei loro passi. L’uomo che la teneva per il braccio era alto e
slanciato, ma aveva il volto celato dal cappuccio. Un’altra tattica
per confonderla e incuterle soggezione, insieme agli abiti neri.
L’uomo fece un cenno con la testa e Celaena rispose con un ghigno.
Lui la guardò di nuovo, ma stavolta strinse la presa come una morsa.
Forse doveva sentirsi lusingata di tante attenzioni, anche se non
sapeva esattamente cosa stesse succedendo, né perché lui fosse
rimasto lì ad aspettarla all’uscita della miniera. Dopo che aveva
picconato tutto il giorno per estrarre il sale dalle viscere della
montagna, non era stato certo piacevole ritrovarselo davanti con sei
guardie al seguito. A ogni modo, quando lui si era presentato al
sorvegliante come Chaol Westfall, capitano della guardia reale, lei
aveva rizzato le orecchie e all’improvviso si era sentita
schiacciata fra il cielo incombente su di lei, le montagne che la
incalzavano alle spalle e la terra gonfia sotto i piedi. Da un po’
non assaporava la paura o, meglio, si era imposta di non assaporarla.
Ogni mattina, al risveglio, si ripeteva le stesse parole: “Non avrò
paura”. Per un anno quelle parole le avevano permesso di piegarsi
senza spezzarsi, di non crollare nel buio della miniera. Ma questo il
capitano non doveva saperlo. Celaena osservò le dita guantate che la
tenevano per il braccio. Il nero della stoffa quasi si confondeva con
il colore della sua pelle sudicia. Con la mano libera si aggiustò la
tunica logora e sporca, e trattenne un sospiro. Visto che scendeva in
miniera prima dell’alba e ne usciva dopo il tramonto, il sole per
lei era poco più che un miraggio.
Oggi
ho deciso di mostrarvi l'incipit del romanzo. Che cosa ne pensate?
Nessun commento:
Posta un commento